Sentiero Atrezzato Giacomo Bove

L'esploratore dimenticato e l'alta via perduta della Val Grande

Giacomo Bove
Giacomo Bove

Oggi il nome di Giacomo Bove è ingiustamente dimenticato, ma è stato uno dei più importanti navigatori ed esploratori italiani dell'Ottocento. Nato a Maranzana in provincia di Asti il 23 aprile 1852, terminò i suoi studi a Genova dove frequentò l'Accademia Navale. Diplomato con onore, poté partecipare come guardiamarina alla spedizione scientifica in Estremo Oriente della nave Governolo.

Nell'aprile del 1877 fu inviato nello stretto di Messina sulla nave Washington per studiare le correnti marine. Nel 1878 partecipò alla spedizione di A. E. Nordenskiöld per la ricerca del passaggio a nord-est a bordo della Vega e nel 1880 venne nominato tenente di vascello della Regia Marina.

La grande voglia di scoperte e di avventure lo fecero ripartire presto, tra il 1881 e il 1883 compi due esplorazioni in sud America e nel 1885 rivolse le sue attenzioni all’Africa con una spedizione in Congo da cui fece ritorno l’anno seguente.

L’avventura in Africa purtroppo gli fece contrarre una malattia che lo indebolì fino al punto di negargli la possibilità di continuare la sua vita di esploratore, incapace di sopportare il peso di questa condanna, lui, spirito libero e avventuroso decise di porre fine alla sua vita il 9 agosto del 1887.

Giacomo Bove fu una figura importantissima nella storia delle esplorazioni italiane e la mancata conservazione del suo nome nella storia è una colpa grave, soprattutto se si pensa che oggi un monte, un ghiacciaio ed un fiume della Patagonia portano il suo nome così come un capo sull’isola di Dickson, situata oltre il circolo polare artico ed anche la base scientifica italiana in Antartide.

Molto più geograficamente vicino a noi, in val Grande, c’è un sentiero attrezzato che porta il suo nome, e si tratta della prima via ferrata costruita in Italia.

Antonio Garoni sulla copertina del libro a lui dedicato
Antonio Garoni sulla copertina del libro a lui dedicato

Il 31 luglio 1880, in occasione di una visita dell'esploratore a Intra, la sezione del CAI raccolse 1.037,47 lire per finanziare una sua futura spedizione in Antartide, ma non se ne fece nulla poiche qualche anno dopo Bove si tolse la vita.

Il CAI decise di utilizzare la somma raccolta per realizzare un memoriale dedicato all’esploratore. Tra le tante idee, quella migliore fu la realizzazione di un sentiero sulle alte creste che fanno da corona alle vallate accanto al Lago Maggiore. Il CAI affidò i lavori alla guida alpina Antonio Garoni di Intragna; nel 1891 la prima parte del percorso, tra il Monte Zeda e la Bocchetta di Terza era terminata. L'anno dopo, Garoni prolungò la traccia fino alla Bocchetta di Scaredi.

Il sentiero, oltre a essere la prima ferrata delle Alpi italiane, era anche la prima via a tappe mai concepita: il monumento a Bove divenne quindi la più antica Alta Via delle Alpi.

Con il passare del tempo il ricordo di Giacomo Bove andava scomparendo finché arrivò il giorno in cui di lui il mondo si dimenticò completamente, mentre la fama del sentiero a lui dedicato cresceva di anno in anno. Dopo la Seconda guerra mondiale però arrivò il declino: il sentiero Bove era considerato troppo difficile per i semplici escursionisti e troppo facile per le nuove leve dell’alpinismo.

Nel 1977 un alpinista del Cai Verbano-Intra inizia un lavoro faticosissimo di riscoperta e recupero del Bove con l'aiuto, nel 1978, del rocciatore Gualtiero Rognoni. I due ispezionano il fianco della montagna raggiungendo la Bocchetta di Terza, ma sapevano che l'antico passaggio rimaneva celato tra le rocce del Torrione. La ricerca del percorso originale è un lavoro impegnativo e per questo motivo l'attività viene interrotta per qualche anno. La svolta decisiva ci fu nel 1983 quando il responsabile del progetto e la guida alpina Achille Montani trovarono gli ancoraggi di Garoni sul Monte Torrione. Da quel momento, grazie al lavoro dei soci del CAI, inizia la segnatura delle vie e l'installazione delle catene, che termina nel 1984. Finalmente l'Antica Via sulle creste del Verbano-Ossola riprende vita.

Nel 1987, a soli due anni dalla fine dei lavori, si scopre che qualcuno ha tagliato le catene. La tenacia dei soci del CAI fa si che, dopo un nuovo lavoro di ripristino, il sentiero torna ad essere percorribile.

Nel 1989 ulteriori lavori effettuati dalla squadra di Maioli Tiziano e negli anni successivi dalla Cooperativa Valgrande, per conto delle locali comunità montane e dall'Ente Parco Nazionale Val Grande, garantiscono manutenzione e segnatura per la percorrenza in sicurezza del Sentiero.

Ultimo intervento di messa in sicurezza è stato eseguito a maggio 2019, nel tratto Piancavallone - Monte Zeda dalla Cooperativa Valgrande per conto dell'Ente Parco Nazionale Val Grande.

 Originariamente il Sentiero Bove si estendeva dal Monte Zeda alla Bocchetta di Campo.

Dal 1997 a seguito del successo di una manifestazione denominata "Un altro Passo", in concomitanza dei cent'anni del Sentiero e del rifugio di Bocchetta di Campo, l'itinerario che percorre il periplo delle cime della Val Pogallo partendo e arrivando a Cicogna riacquista la giusta notorietà.

Se volete conoscere meglio la vita e le imprese di Giacomo Bove potete cliccare QUI

Il Percorso

tratto attrezzato con catene
tratto attrezzato con catene

Oggi il Sentiero Bove è un percorso che può essere compiuto in tre-quattro giorni.

Trattandosi di un itinerario di cresta, va percorso con molta prudenza e possibilmente accompagnati da una Guida Alpina.

La variabilità, in rapporto al meteo e alla stagione, della visibilità e delle condizioni del terreno, ne rendono impegnativa  e rischiosa la fruizione, considerato anche che, oltre M.te Zeda, non sono ancora eseguiti i lavori di manutenzione del sentiero e di ripristino della segnaletica.

Tutta l'alta via deve essere affrontata nel periodo della bella stagione per essere sicuri di non trovare residui di neve o ghiaccio. Bisogna ricordare che nel complesso è un itinerario difficile sia tecnicamente che fisicamente assolutamente da evitare per i principianti.

La cresta Corone di Ghina-Cima Sasso costituisce una variante al sentiero Bove, con difficoltà alpinistiche di grado F nella classificazione CAI e T5 nella classificazione CAS. Non essendo ancora eseguiti i lavori di manutenzione programmati, il percorso risulta inoltre privo di una preesistente catena, rimossa da ignoti, con aggravio della difficoltà alpinistica.

 

dislivello complessivo: 4815

distanza complessiva: 31 Km

periodo consigliato: estate

numero tappe: 3-4

Livello di difficoltà: T4 / T5

 

Punti d'appoggio:

Rifugio Pian Cavallone

Bivacco Alpe Fornà

Bivacco Scaredi


Tappa I

il bivacco all'Alpe Curgei
il bivacco all'Alpe Curgei

Da Cicogna al Rifugio Pian Cavallone

Lunghezza: 5,7 Km

Dislivello: 953 mt

 

la prima tappa è la più abbordabile sia come tempi e distanze che impegno tecnico e fisico.

Da Cicogna (732m) si scende lungo la strada asfaltata e al primo tornante  si prende la mulattiera che porta a Pogallo e al primo bivio (cartelli indicatori) si scende a destra verso il torrente Rio Pogallo che si supera su un Ponte in località della Buia (452m). Si risale per un sentiero segnalato a Varola e a tratti molto ripido (921m) per poi giungere all'Alpe Curgei (1350m), dove c'è un bivacco sempre aperto. Da qui, in meno di un'ora, si arriva al Rifugio CAI del Pian Cavallone (1530m).

 

Traccia della prima tappa


Tappa II

Monte Torrione visto da Brolo
Monte Torrione visto da Brolo

Dal Rifugio Pian Cavallone all'alpe Scaredi

Lunghezza: 13,3 Km

Dislivello: 3091 mt

 

E' la tappa più lunga e impegnativa. Dal Pian Cavallone si raggiunge la Marona (2051m) passando per la cosiddetta "Scala santa" e la strettoia chiamata Passo del Diavolo, luoghi attrezzati con catene di ferro, fittoni in ferro e corrimani. Rimanendo in cresta che ora si fa più facile ci si dirige verso il Monte Zeda (2156m) per poi scendere per alcune decine di metri la cresta nord, attrezzata con catene di ferro, da utilizzare con tecniche alpinistiche e, dopo una cengia, si incontra una scalinata di lastre di pietra appoggiate alla roccia.

Ad un successivo intaglio, si lascia a destra la deviazione per l'Alpe Fornà (possibile tappa presso l'omonimo bivacco) per proseguire sulla cresta affilata aggirando con percorso faticoso i numerosi spuntoni di roccia che la costellano. La traccia si sposta quindi sul versante cannobino per poi salire la dorsale della Piota (1925m, sentiero per Gurro e Falmenta). Sul versante di Pogallo la traccia percorre in discesa il costolone che si abbassa, con ripidi scivoli erbosi, al Passo delle Crocette (1781m). Il sentiero perde ulteriormente quota alla testata della Val Pogallo, correndo sotto dirupi rocciosi, e, arrivando sotto il Monte Torrione (dove s'incontra la deviazione che in circa 45 minuti porta al bivacco Lidesh), entra in un canale. Un primo tratto attrezzato con catene permette di salire su placche di roccia per poi traversare un ripido scivolo erboso invaso da ontani verdi. Più sopra un lungo traverso è reso sicuro in più punti da catene, così come l'ultimo canale roccioso che porta alla vetta (1984m).

Il sentiero scende rapidamente sul versante di Pogallo tagliando il ripido e dirupato versante montuoso per abbassarsi a superare alcuni salti di roccia e risalire con lunga diagonale alla Bocchetta di Terza (1836m) dove si incontra la via dell'itinerario che collega Cicogna con Finero (possibilità di scendere al bivacco all'Alpe Pian di Boit (1123m) su sentiero segnalato).

Il sentiero si abbassa di nuovo sul versante della Val Pogallo per aggirare i contrafforti meridionali delle Torri di Terza per poi risalire ad una bocchetta; si scende brevemente nel vallone di Finero da dove si risale ad un intaglio ai piedi del crestone orientale della Cima Marsicce (2135m) che si raggiunge con faticosa salita. Si scende per breve tratto sul comodo costolone occidentale per poi traversare la Bocchetta di Cortechiuso (2066m) da dove, attraverso un sentiero che si affaccia sulla Val Loana, si scende all'Alpe Scaredi (1841m).

 

Traccia della seconda tappa


Tappa III

Il bivacco alla Bocchetta di Campo
Il bivacco alla Bocchetta di Campo

Dall'alpe Scaredi a Cicogna

Lunghezza: 11.9 Km

Dislivello: 771 mt

 

Dal bivacco dell'Alpe Scaredi si risale verso i contrafforti della Laurasca, sul tratto finale percorso il giorno prima provenendo dalla Bocchetta di Cortechiuso. Percorrendo il lato ovest della Laurasca si raggiunge la Bocchetta di Scaredi (2095m) e la dorsale che porta verso il bivacco di Bocchetta di Campo (1994m).

Dalla Bocchetta di Campo si prosegue in cresta verso sud per raggiungere le Strette del Casè. La discesa delle Strette del Casè si presenta come parte impegnativa dell'itinerario poiché non attrezzato e molto pericoloso in caso di pioggia. Le strette sono tre, la più angusta è quella di mezzo. Tutte sono impervie e richiedono esperienza e grande attenzione poiché da Bocchetta di Campo a Pogallo l'itinerario non è segnalato se non da radi e vecchi segni rossi ormai sbiaditi.

Usciti dalle Strette,  ci troviamo alla bocchetta alta dei prati di Ghina, attenzione all'orientamento soprattutto in caso di nebbia, si scendono i ripidi pratoni di Ghina per raggiungere l'Alpe Cavrua (1410m) e quindi, con percorso nella faggeta, si scende a Pogallo (777m) e infine a Cicogna.

 

Traccia della terza tappa